Universo incostante

univ.JPGHo finalmente tra le mani, dopo un fortunoso acquisto nell’internettiano mondo dell’usato, il famoso Universo Incostante, di Vernon Vinge, l’edizione della Nord Oro. Il libro vinse nel 1993 l’ambito premio Hugo e rappresenta un condensato di tutti i temi che la fantascienza può offrire: l’incontro con civiltà aliene (e difficilmente capita ormai di imbattersi in alieni tanto in-credibili), la minaccia ignota, il sospetto e la paranoia, l’intrigo politico, il viaggio, il naufragio, la flotta vendicatrice, la missione di salvataggio, l’ombra apocalittica.
Il titolo italiano (diverso dall’originale – “A Fire upon the Deep” che letteralmente sarebbe “Un fuoco sul profondo” – come vuole l’abitudine a mio parere scorretta di cambiare titolo alle opere straniere) richiama solo uno dei concetti cardinali del romanzo. L’intera storia si sviluppa in 545 lunghe pagine su tre piani narrativi differenti: la (doppia) vicenda sul pianeta Artiglio, lo scambio di messaggi nella Rete, l’universo intero. In ogni situazione vengono sviluppate delle idee nuove e fondamentalmente eccezionali.
Vinge immagina un universo in cui le leggi fisiche variano a seconda delle zone. In corrispondenza del centro della nostra galassia si trovano le inesplorate e inesplorabili Profondità imponderabili, poi viene la zona Lenta, il regno dei reietti e dei calcolatori meccanici, dove non sono possibili programmi senzienti e la velocità della luce costituisce una barriera insuperabile, quindi l’Esterno, con la sua alta tecnologia e il suo insieme eterogeneo di razze, e, infine, il Trascendente, la zona più evoluta, i cui abitanti sono Potenze, esseri quasi-divini, dall’intelligenza sconfinata e la vita brevissima.
Un ruolo centrale nell’universo di Vinge è svolto dalla comunicazione e dalla Rete – una sorta di internet futuribile che mette in contatto tutti gli abitanti dell’Esterno ed è accessibile anche dalle Potenze del Trascendente – come nel mondo reale, anche qui la conoscenza è il bene primario su cui si gioca l’evoluzione e la prosperità delle razze.
La vecchia Terra, che nel romanzo non compare se non come uno sbiadito ricordo, si trova, ovviamente, al centro della zona Lenta, dove il progresso è ostacolato da leggi fisiche che impediscono non solo la tecnologia più evoluta, ma, soprattutto, il contatto tra le civiltà, relegando ogni pianeta abitato ad una distanza insuperabile dalle altre forme di vita – e generando un senso di claustrofobia che attanaglia il lettore: davvero ci si sente intrappolati in questa zona Lenta, tagliati fuori dalle meraviglie dell’universo.
Se esistono i romanzi epocali, quelli capaci di fare la storia di un intero genere intero o, di più, imporsi come pietre miliari di una cultura, Universo Incostante è forse una delle rare perle fantascientifiche a meritarsi di diritto un posto di rilievo in un simile ricercatissimo catalogo. E per questo non può mancare nel bagaglio di ogni appassionato, come pure del lettore restio alla fantascienza ma magari curioso di capire verso quale meravigliosa frontiera muoverà la letteratura di questi anni di costante accelerazione verso la Singolarità.

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