Secondo film dei fratelli Coen che consiglio sempre in attesa dell’uscita il 10 marzo di Ave Cesare!
Il grande Lebowski è un tassello fondamentale nella poetica coeniana, commedia filosofica esilarante e visionaria, e se non bastasse, dispensatrice di alcune preziose perle di saggezza. Con questo film diventato di culto ambientato a Los Angeles durante la Guerra del Golfo, molto liberamente ispirata a Il Grande Sonno di Raymond Chandler, i fratelli Coen firmano il loro film più folle e visionario. Perché solo loro possono condensare in meno di due ore citazioni, riferimenti a generi, surrealismo e analisi della realtà senza un briciolo di quella supponenza cinefila che spesso caratterizza le opere di chi vuole dimostrarci di ‘sapere tutto’ sulla Settima arte.
Los Angeles Anni Novanta. Jeffrey Lebowski passa la giornata tra una partita di bowling con gli amici Donny e Walter, una visita al supermercato in accappatoio e uno spinello. Un giorno però due brutti ceffi gli orinano sull’unico tappeto del suo appartamento scambiandolo per un ricco omonimo. Lebowski va a cercarlo con l’unico scopo di farsi rimborsare la perdita e finisce invischiato come corriere di un ingente somma di denaro che il magnate,costretto su una sedia a rotelle, deve pagare per riavere la giovane ninfetta che esibisce come trofeo coniugale. Qui inizia l’avventura del grande Lebowski.
Il cast come sempre è al top, un vero corollario di personaggi indimenticabili, dall’esaltato reduce del Vietnam Walter Sobchack (John Goodman) al timido Donny (Steve Buscemi), dall’altezzosa artista concettuale Maude Lebowski (Julianne Moore) al servile maggiordomo tuttofare Brandt (Philip Seymour Hoffman), dal produttore magnate del porno Jackie Treehorn (Ben Gazzara) fino al cameo di John Turturro, micidiale “Jesus” asso del bowling.