Terminator Genisys

L’incursione più recente, Terminator Salvation (e che a me non era dispiaciuto) tentava la carta di lasciarsi alle spalle i viaggi nel tempo e trovava il suo presente filmico nel futuro e nella guerra uomo-macchina.
L’eclettico Alan Taylor, invece, si affida alla penna di Patrick Lussier, il quale, infilata la parrucca da scienziato pazzo, mescola le carte come non mai. Al centro di Terminator Genisys c’è infatti proprio la sfera che consente i trasporti temporali e che il tenente Reese frequenta, con malizia e senso della missione, con la stessa relativa facilità con cui Marty McFly guadagnava il sedile della sua DeLorean.
Affianca questo movimento “reale” un twist narrativo maggiore, ampiamente anticipato in sede più o meno autorizzata di promozione, per cui l’eroe si macchia del crimine peggiore: John Connor perde la sua umanità e si manifesta come l’agente Smith di Matrix, replicante ubiquo e inarrestabile, nemesi perfetta dell’eletto.

La nuova storia viene giustificata con l’introduzione di una linea temporale alternativa, questo cambia le regole dei viaggi nel tempo e rende spiegabili i paradossi temporali, visto che se si torna indietro si crea un’altra versione del passato e non si cancella quella originale.

Tra tutti Swarzy è in fin dei conti, l’unico a fornire una chiave di rilancio: decisamente più loquace del solito, giovane nei tormentoni e nonno nel fisico, vira l’imbarcazione senza vento verso la commedia, fa il simpatico terzo incomodo tra figlioccia e futuro genero, sorride a denti stretti, un po’ per inerzia e un po’ per ironia…ci sarà sicuramente un seguito che dire a me non è dispiaciuto rivedere Il vecchio Terminator in azione.