In questo periodo estivo è bello scoprire produzioni britanniche di fantascienza che a differenza di molte mega produzioni USA sono supportate da una trama solida, ottimi attori una buona regia pur essendo costate come una puntata di The last ship.
Dal ciclo Dei Robot di Asimov a Ghost in the shell da Blade Runner a Her passando per serie tv come Battlestar Galactica, Person of Interest, Almost Human o Extant in molti hanno tentato di raccontare in modo originale la nascita dell’intelligenza artificiale, la relazione tra creatore e creatura dai tempi del mito del Golem sino al Frankenstein di Mary Shelley. Le opere che ho nominato ci sono senz’altro riuscite.
Ma ci riesce benissimo anche questo The Machine, film del 2013 che è un misto tra A.I. di Spielberg e Terminator.
La storia è presto detta: in un futuro in cui l’Inghilterra e tutta l’Europa sono in crisi di relazione con la Cina, il governo inglese studia la creazione di un computer quantistico che è la chiave per la costruzione di macchine intelligente che imparano dall’esperienza, che si sentono vive come e quanto gli esseri umani. Il programmatore Vincent McCarthy (Toby Stephens) mette a punto la Macchina (Caity Lotz), un cyborg dalle caratteristiche umane. Il ministero della Difesa ha intenzione di usare l’intelligenza artificiale come arma nei confronti della Cina, ma lei alla fine deciderà autonomamente quale sarà il suo destino. Il rapporto tra creatore e cyborg è sicuramente la parte migliore, quella più suggestiva, forte e consistente mentre il finale risente di cliché abbastanza abusati ma non tali da rovinare un finale piuttosto poetico.