Fumetto e cinema nascono insieme più di un secolo fa e si spiano da subito. Due linguaggi con origini diverse e identità distinte che pure hanno saputo dialogare intensamente: confrontandosi, convivendo, divorziando, riconciliandosi e riconfigurando le reciproche estetiche. L’Iron Man di Jon Favreu, nell’intensa economia di scambio tra fumetto e cinema, realizza un enorme salto di qualità, dimostrando la reciprocità produttiva dei due linguaggi, che nell’ultimo decennio si era spinta in direzione di un’autentica cannibalizzazione.
L’archivio “eroico” della Marvel è diventato un vero e proprio laboratorio per la creazione, anche se non sempre riuscita e puntuale, di nuovi modelli estetico-narrativi dell’industria cinematografica, come dimostra l’insistita trasposizione sullo schermo di un esteso repertorio dei loro personaggi: da Spider Man agli X-Men, dai Fantastici Quattro ad Iron Man, e per continuare nel futuro prossimo con Hulk e Capitan America. Creato da Stan Lee, Don Heck e Jack Kirby nel 1963 per la rivista “Tales of Suspense”, Iron Man è un eroe conservatore che ieri ha “armato” il Vietnam ed oggi “attrezza” l’intervento afgano. Come Batman è orfano di padre e madre, come Batman si ritrova sul tetto di casa vestito da eroe mascherato (e non da supereroe) contro una luna rotonda, come Bruce Wayne è industriale multimiliardario, playboy incallito e filantropo svagato. Le affinità terminano qui, perché Tony Stark e il suo alter ego metallico sono tutt’altro che rabbuiati, non hanno paura di cadere (ci si può sempre rialzare), non hanno paura di sbagliare. Iron Man è l’esoscheletro (quasi) invincibile di un reduce che ha deciso di risarcire il mondo. Jon Favreu, subito dopo i titoli di testa, gira la scena originaria, quella che origina il film e dà origine all’eroe. Come tutti i suoi compagni di supervite e superavventure, Tony Stark ha subito un incidente e una perdita traumatica (quella del cuore). Di questa scena primaria la caverna dei ribelli è lo scenario, il luogo in cui avviene l’esperienza dello smarrimento, il processo di apprendimento dell’uomo e la conversione nell’eroe. Dopo essere stato un disegno animato in A Scanner Darkly, Robert Downey Jr. torna a recitare con sfondi agitati, indossando un’armatura, sviluppando una doppia identità e combattendo il supervillain di Jeff Bridges. Soltanto la sua performance glamour (e “in carne e ossa”) poteva trovare l’equivalente plastico-dinamico del personaggio disegnato su carta, restituendone l’aura ed eliminando la seccatura del ridicolo, che si ripresenta a ogni traduzione del fumetto al cinema.