Nel 1931 Fritz Lang gira M – Il mostro di Dusseldorf, in cui un ignoto assassino con il volto indimenticabile dell’ungherese Peter Lorre, (indimenticabile anche nel personaggio del trafficante Ugarte in Casablanca, ma consentirono a Lorre di alternare i ruoli drammatici con prestazioni dalla spiccata vena comica, come in Arsenico e vecchi merletti) violenta e uccide numerose bambine senza lasciare alcuna traccia. Nella città viene allora organizzata una fitta rete di ricerche a cui partecipano anche i mendicanti e i criminali. Così si scopre il primo indizio: l’assassino quando avvicina le vittime fischietta un macabro motivo, tratto dal Peer Gynt di Grieg. Presto il mostro viene individuato da un venditore di palloncini che riesce con un gesso a segnargli sulle spalle una grande M (che sta per Morder, assassino). L’uomo è braccato e si barrica in una fabbrica ma viene catturato dalla malavita che vorrebbe giustiziarlo: solo all’ultimo momento viene salvato dalla polizia che lo consegna alla giustizia ufficiale. M – Il mostro di Dusseldorf è uno dei primi film parlati di Lang in cui si fondono le tecniche altamente espressive del cinema muto con la stupefacente modernità di un sonoro capace di raggelare. Ispirato a una vicenda reale, Lang riprende i suoi temi preferiti, come il contrasto tra giustizia ufficiale e giustizia privata, ed esalta gli effetti fotografici e quelli sonori, realizzando l’antesignano dei film sui serial-killer, divenuti negli ultimi anni un vero e proprio genere.
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