Storia naturale del nerd


I simpatici Nerd protagonisti della famosa serie tv The big bang theory

Storia naturale del nerd di Benjamin Nugent, isbn
Chi sono i nerd? Da dove arrivano, come vivono e, soprattutto, cosa fanno? Storia naturale del nerd ricostruisce in modo rigoroso e divertente la vera storia di una comunità sempre più potente, che nel giro di alcuni decenni è arrivata a dominare, in un modo o nell’altro, la nostra cultura popolare.
Non c’è da stupirsi, allora, se Bill Gates, Steve Jobs, Steven Spielberg, Mark Zuckerberg, Larry Page e Sergey Brin, Peter Jackson, George Lucas e James Cameron, da sfigatissimi secchioni quali erano, siano oggi diventati guru e modelli per un’intera generazione. Insieme alle loro storie, Nugent racconta anche le manie di un intero popolo, senza nazione né bandiera, ma con una serie di passioni comuni: videogame, supereroi, anime, gadget tecnologici, spade finte, fumetti, cyborg, alieni, giochi di ruolo e via dicendo. Partendo da Frankenstein e Orgoglio e Pregiudizio, passando per Dungeons & Dragons, fino ad arrivare a Halo, Benjamin Nugent descrive, come nessun altro prima di lui, uno dei fenomeni culturali più importanti e diffusi del nostro tempo.

“Attraverso la scuola elementare e media, ho indossato grossi occhiali e abbigliamento scelto male, ero un fan di Star Trek e un devoto di JRR Tolkien, ho passato una intera estate per imparare a programmare un Radio Shack TRS-80 in BASIC. Sono ancora un nerd in molti modi – il bicchiere grosso, le ore interamente dedicate a un computer. Le mie scelte di abbigliamento sono migliori, ma questo è solo perché mia moglie ha senso per la moda meglio di mia mamma“

Questo curioso volume non vuole essere «né una difesa del nerd né una sua esaltazione», ma si propone di analizzare il significato della figura, stabilirne le origini e mostrarne le dinamiche in uno studio che passa da riferimenti letterari – per Nugent in Orgoglio e pregiudizio «appare evidente la nerditudine» di Mary Bennet – a possibili collegamenti razziali, con la conclusione che gli ebrei sono proto-nerd perché storicamente si sono concentrati su attività non fisiche e che gli asiatici sarebbero predisposti a essere nerd per il loro approccio alla tecnologia.
Ma prima di avventurarsi nell’analisi, bisogna accordarsi sul significato del termine. «L’essenza del concetto di nerd non sta nell’intellettualismo o nell’inettitudine sociale», ma «esistono due macrocategorie di nerd».
La prima è rappresentata da chi ha qualità più intuitive che logiche. La seconda da individui definiti nerd perché socialmente ai margini, chiamati così dai compagni di scuola «in cerca di zimbelli da far sentire esclusi».
Per riconoscere gli originali ci sono delle caratteristiche: solitudine, natura ripetitiva e meccanica, scarso uso del corpo, risata infantile, tendenza a prendersi molto sul serio. Poi «basta guardarli due secondi per capire che preferiscono la fisica astratta, i dibattiti scolastici o i videogiochi allo skateboard, alle feste e al calcio». Uomini (molti) e donne (poche) fissati con le regole e con un debolissimo senso atletico che esistono almeno da quando esistono i romanzi, azzarda Nugent citando illustri esempi letterari che, oltre alla Austen, comprendono Casa Howard (1910) in cui Tibby, mentre ascolta Beethoven, più che farsi trasportare dalla melodia «si concentra in maniera ossessiva sulla meccanica della composizione». Come lui Gussie Fink-Nottle, personaggio di P.G. Wodehouse, che nei rapporti «anela a un tipo di interazione computerizzata».

L’esempio più fulgido è Victor Frankenstein, vero proto-nerd che dopo essersi concentrato per anni sulla realizzazione della sua creatura, assemblando pezzo su pezzo, quando finalmente prende vita fugge terrorizzato: «Il fallimento di Victor è sul piano dell’empatia, consiste nel non riuscire a rapportarsi con l’altro a livello emotivo». Una immagine di Chiara Dattola La tesi è che la figura del nerd sia stata tratteggiata da «romantici come Mary Shelley che guardavano con sospetto a esperti di cose tecniche in quanto apparentemente distanti dalla vita familiare». Ma la modernità è dalla parte dei nerd. Di gente come Steve Jobs, Bill Gates e Mark Zuckerberg.

E la loro sofferenza (intesi come categoria), nascerebbe dalla dicotomia generalmente accettata tra ragione e emozione, «nel sentire che, essendo a proprio agio con il pensiero razionale, sono esclusi dall’esperienza della spontaneità, dalle relazioni sentimentali, dai legami non razionali con gli altri». Ma gli ultimi anni hanno segnato una rivincita, trasformando la rappresentazione dell’emarginazione in un modello da seguire. L’estetica nerd vanta ora un esercito di hipster: gente travestita da nerd per manifestare apprezzamento verso il presunto «rifiuto delle forze che dettano legge», come la moda. I nerd non sanno cavalcare tendenze e diventano outsider da imitare. Così si spiega l’invasione di occhialoni, cardigan e pantaloni stretti che ha travolto la moda e lo spettacolo, regalandoci le immagini (tra gli altri) di Demi Moore, Scarlett Johansson, Justin Timberlake, Britney Spears, David Beckham in divisa da nerd. Pur attraversando tematiche anche lievi, il libro si avvicina alla conclusione indagando lo spettro dell’autismo. Secondo l’autore ci sarebbero molte caratteristiche comuni tra i portatori della sindrome di Asperger e gli appassionati di regole, fantascienza e videogiochi: «Il quantum distingue un Asperger da un nerd neurologicamente normale. L’inettitudine sociale è causata dalla difficoltà nel leggere quel tipo di comunicazione umana che anche le macchine faticano a interpretare». Ma pur con questa diversità emotiva, Nugent ricorda che i nerd sono uguali a tutti gli altri in almeno una caratteristica: nel bisogno di sentirsi accettati.

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