A fine febbraio di quest’anno è stato inaugurato il Museo Archeologico Nazionale di Verona.
A ospitare il museo è l’ex caserma asburgica San Tomaso, un grande edificio dalla facciata neomedievale costruito nel 1856 a poca distanza dall’Adige sulle macerie di quello che era un antico monastero. È un luogo ideale per ospitare una collezione importante, sia per le dimensioni e la storia della struttura sia per la breve distanza da altre storiche istituzioni: poco a sud si trova il Museo di storia naturale, poco a nord il Museo archeologico al Teatro Romano. Per chi vorrà seguire un itinerario tra le meraviglie del territorio veronese – dai fossili di Bolca alle vestigia della romanità – il percorso è ideale.
Proprio il restauro della ex caserma, dove erano imprigionati i carbonari che lottavano contro l’Impero asburgico, è uno dei motivi principali per visitare il neonato Museo: perché la sezione “Preistoria e Protostoria” con cui la collezione è tornata visitabile è stata collocata in un ambiente suggestivo e magnificamente recuperato, quello del sottotetto dell’edificio (al secondo piano dello stesso). A dominare le teche è un soffitto ligneo a grandi capriate, mentre a dividere gli spazi sono possenti arcate in mattoni: l’insieme – curato da Chiara Matteazzi – è di grande effetto, diremmo quasi di sacralità per le suggestioni che rimandano a una chiesa. Anche l’illuminazione è intima ed efficace.
L’allestimento parte dunque sin dal paleolitico, fase raccontata da due siti di rilevanza europea, la Grotta di Fumane e Riparo Tagliente. Proprio la pietra detta “Lo Sciamano”, rivenuta a Fumane e risalente a 40mila anni fa, è tra i reperti più preziosi della collezione ed è giustamente è posta in mezzo alla sala: il disegno in ocra rossa raffigura una delle più antiche figure teriomorfe del pianeta, appunto una figura “sciamanica” un po’ uomo un po’ animale che è diventata anche il simbolo del Museo. Forse potrebbe essere valorizzata ancora meglio con qualche accorgimento ulteriore (un apparato iconografico a supporto? Una luce diversa?), visto è piuttosto difficile leggere i segni rossi sulla pietra e nella foto ho lavorato di photoshop.