Storia del ghetto di Venezia di Riccardo Calimani, Mondadori
Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Repubblica di Venezia adottò un provvedimento che avrebbe cambiato per sempre la vita e il destino degli ebrei d’Europa: «Li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che sono in Ghetto appresso San Girolamo». Con tale atto legislativo nasce il primo «ghetto», un nome derivato probabilmente dalla presenza sul luogo di un getto, cioè una fonderia, e diventato poi, in tutte le lingue del mondo, sinonimo di emarginazione e segregazione. All’interno delle mura del Ghetto Novo, le cui porte venivano chiuse al tramonto e riaperte all’alba, furono ristretti gli ebrei di tre «Nationi» (Todesca, Levantina e Ponentina), diversi per paesi d’origine, idiomi e tradizioni. Taglieggiati dal fisco ed esclusi dalle professioni (a parte la medicina) e dai mestieri gestiti dalle corporazioni, per sopravvivere gli ebrei «todeschi» si dedicarono al prestito di denaro, mentre i membri delle comunità levantina e ponentina, composte perlopiù da marrani espulsi dalla Spagna e perseguitati dall’Inquisizione, continuarono la loro attività di mercanti, riuscendo in pochi decenni a tessere una fitta rete di scambi in tutti gli Stati affacciati sul Mediterraneo. In questa edizione ampliata e aggiornata della Storia del ghetto di Venezia, un libro che ha avuto il merito storico di accendere i riflettori sull’argomento, Riccardo Calimani descrive la quotidianità, le usanze e i riti della variegata comunità ebraica locale, ne illustra gli altalenanti rapporti con le istituzioni e il governo della Serenissima e gli stretti legami con la vita produttiva e culturale cittadina (in particolare con il neonato settore tipografico-editoriale), e ripercorre le tappe salienti del lungo e tortuoso cammino che ha portato alla loro completa integrazione ed emancipazione. Senza dimenticare le pagine vergognose scritte dal regime fascista con la propaganda antisemita e le cosiddette leggi razziali, né la spietata caccia all’ebreo scatenata dopo l’8 settembre 1943 dai nazifascisti nelle calli e nei campielli della città lagunare.
Nel racconto vivido e ben documentato dei grandi eventi storici che accompagnarono la vita del ghetto si stagliano i profili di ebrei veneziani famosi e meno famosi – rabbini, intellettuali e umanisti come Isaac Abrabanel, Leone da Modena o Simone Luzzatto, poeti come Mosè Zacuto o Sara Coppio Sullam –, ma anche quelli di semplici commercianti e marrani che, in genere a causa di qualche disavventura, hanno lasciato una traccia nei documenti ufficiali, e le cui vicissitudini sono forse ancor più toccanti ed eloquenti per chi voglia conoscere le condizioni in cui il popolo della diaspora fu costretto a vivere per tre secoli nel cuore della «Serenissima e Cristianissima» Repubblica di San Marc