Inghilterra, inizi del XV secolo. Enrico IV, dopo aver seminato attraverso il suo regno il malcontento, si ritrova a combattere continue aggressioni dalla Scozia e dal Galles. Ma la salute lo sta abbandonando ed è giunto il momento di passare il testimone. Il designato però non sarà il suo primogenito Hal, principe di Galles, che ha scelto di vivere fra la gente comune abbandonandosi all’alcool e alle donne, ma suo fratello minore Thomas, che non vede l’ora di prendere il posto riservato dalla tradizione al maggiore. Purtroppo Thomas viene ucciso in battaglia e ad Hal non resta che indossare suo malgrado la corona, assumendo il nome di Enrico V. La sua riluttanza è dovuta ad una avversione viscerale alla guerra, vista come uno spargimento di sangue fratricida: filosofia che il giovane Hal ha sempre condiviso con il suo più anziano amico, John Falstaff, compagno di bevute e scorribande.
Quando però Hal diventa Enrico V, Falstaff viene lasciato alle spalle e il nuovo re deve confrontarsi con la possibilità di entrare in conflitto con la Francia: l’arcivescovo di Canterbury vuole infatti che il re d’Inghilterra si impossessi del trono francese occupato da quello che, secondo la legge salica, è un usurpatore; e il re di Francia, Carlo VI, ci mette del suo inviando in dono alla corte inglese una palla, gesto che viene immediatamente interpretato come una provocazione….
Mi è piaciuta parecchio questa rivisitazione dell’Enrico V di Shakespeare. L’ho trovata molto innovativa rispetto a quella più classica di Kenneth Branagh del 1989, spettacolare in alcuni tratti, ben interpretata a partire dal giovane Timothée Chalamet futuro Paul Atreides nella riedizione di Dune, ottimi i costumi e le scenografia, fantastica la fotografia con un fortissimo nero, buona anche la regia di David Michod anche se a volte il ritmo si è perso senza però mai diventare noioso.