I figli della notte narra la storia di Giulio (Vincenzo Crea), un 17enne di buona famiglia che si ritrova catapultato nell’incubo della solitudine e della rigida disciplina di un collegio per rampolli dell’alta società dove vengono formati i “dirigenti del futuro”: internet imbavagliato, telefono concesso per mezz’ora al giorno, ma quel che è peggio violenze e minacce dai ragazzi più “anziani”, nell’apparente accondiscendenza degli adulti. Giulio riesce a sopravvivere grazie all’amicizia con Edoardo (Ludovico Succio), un altro ospite del collegio. I due ragazzi diventano inseparabili e iniziano ad architettare fughe notturne dalla scuola-prigione, verso un luogo proibito nel cuore del bosco, dove conoscono la giovane prostituta Elena (Yuliia Sobol). Ma la trasgressione fa parte dell’offerta formativa, il collegio sa tutto del locale e delle uscite notturne, gli educatori, tra cui Mathias (Fabrizio Rongione), vigilano costantemente, restando nell’ombra…fino a un finale del tutto inatteso.
Hotel Dobbiaco, in Alto Adige, l’Hoverlook Hotel di questa opera prima di un nuovo autore come Andrea De Sica (Nipote di Vittorio De Sica, figlio dello scomparso Manuel) con le sue inquadrature dei corridoi alla Shining, gli scorci alla Dario Argento con un pizzico di Twin Peaks. L’hotel è la prima immagine de I figli della notte che ti cattura, un film che mi ha letteralmente inquietato e stregato, un film pazzesco, un film che mi fa dire che finalmente il cinema italiano è cambiato, è maturato e adesso anche noi possiamo fare girare sceneggiature come queste, di genere, con rimandi e citazioni a grandi opere del passato e una feroce denuncia alla nostra società come non ne vedevo dai tempi del Capitale umano. Adesso attendo con trepidazione la prossima opera di Andrea De Sica sperando che gli si permetta di continuare su questa strada.
Andrea De Sica: “L’idea del film è legata ai miei anni del liceo e ad alcune persone che hanno segnato la mia vita. Questi incontri sono stati la spinta per provare a raccontare un universo giovanile che mi sembrava poco esplorato. La situazione estrema di un collegio è la chiave che ho scelto per confrontarmi con uno dei sentimenti più forti che un adolescente possa sperimentare: l’abbandono. Ho immaginato una favola nera: una storia di formazione o meglio di ‘deformazione’. I sentimenti più profondi dei protagonisti mi hanno portato nel mondo dei sogni, degli incubi, utilizzando le suggestioni dell’horror come genere che affronta aspetti della mente umana altrimenti intraducibili per immagini”.