Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere di Jared Diamond, Einaudi
Se potessi tornare indietro nel tempo studierei Antropologia, si tratta di una delle mie passioni da tempo e Jared Diamond, autore del bellissimo Armi, acciaio e malattie (uno dei saggi più belli che abbia mai letto) è uno degli studiosi che preferisco. Anche questo saggio, al contempo interessantissimo e agile, è assolutamente imperdibile.
Piú di mille anni fa un gruppo di Vichinghi, guidati da Erik il Rosso, partí dalla Norvegia e si stabilí in Groenlandia. Lí fondarono colonie, dissodarono la terra, allevarono animali e costruirono chiese fantastiche. Perché quasi cinque secoli dopo se ne persero le tracce? E perché sparirono molti altri popoli del mondo?
Lo spettacolo delle rovine delle antiche civiltà ha in sé qualcosa di tragico. Popoli un tempo ricchi e potenti sono scomparsi, magari nel volgere di pochi anni, lasciando come testimonianza solo qualche romantico masso sparso nella giungla. Nel suo nuovo libro Diamond cerca di capire come i collassi del passato abbiano potuto verificarsi, e si chiede se la società contemporanea sia in grado di imparare la lezione, evitando disastri analoghi nel futuro. Il punto di partenza è un approfondito esame dei casi di chi non ce l’ha fatta: storie grandiose e terribili, famose come quelle dei maya e dell’isola di Pasqua, o meno note, come quelle degli anasazi in America. Ma ci sono anche storie meno tragiche, come quelle dell’Islanda o del Giappone, che hanno saputo rispondere con successo alle sfide ambientali; storie di vincitori e vinti, come i casi della Repubblica Dominicana e di Haiti, due nazioni che pur condividendo lo stesso ambiente sono giunte a risultati molto diversi; e infine storie dall’esito ancora incerto, come quelle della Cina e dell’Australia, che stanno cercando soluzioni innovative ai loro difficili problemi ecologici e sociali. Che lezione trarne? Siamo davvero in pericolo? Come possiamo evitare di autodistruggerci? Le risposte di Collasso sono equilibrate e mai catastrofiste, ma comunicano tutta l’urgenza di scelte non piú differibili, se vogliamo continuare ad ammirare con serenità le rovine di chi ci ha preceduto.
«Nessun altro luogo che ho visitato mi ha fatto un’impressione piú spettrale di Rano Raraku, la cava di pietra dell’isola di Pasqua dove furono scolpite le famose statue gigantesche. Per cominciare, l’isola è il luogo abitabile piú isolato del mondo. Le terre piú vicine sono le coste del Cile, che si trovano 3700 chilometri a est, e le isole polinesiane del gruppo di Pitcairn, 2100 chilometri a ovest. Quando nel 2002 ci sono andato in aereo partendo dal Cile, il volo è durato piú di cinque ore, interamente trascorse a sorvolare l’immensa distesa del Pacifico. Al tramonto, quando ho finalmente avvistato dall’oblò quel briciolo di terra, fiocamente illuminato dalla luce del crepuscolo, ho tirato un sospiro di sollievo: ero molto preoccupato e mi chiedevo se saremmo stati in grado di trovare l’isola prima di notte e se il nostro aereo avrebbe avuto abbastanza carburante per tornare in Cile, in caso avessimo mancato il bersaglio, oltrepassandolo senza vederlo. È difficile immaginare che un’isola come quella di Pasqua possa essere stata scoperta e colonizzata dagli esseri umani prima dell’arrivo, negli ultimi secoli, dei velieri europei».