The Pittsburgh Cycle è una raccolta di dieci drammi sul bisogno di emancipazione sociale della comunità afro-americana, Barriere come il blues lascia la parola a una minoranza. Denzel Washington è alla sua terza regia, molto misurata ma ben salda. Interpreta un personaggio molto ingombrante perchè questo Troy Maxson è uno schiacciasassi, una persona che si mette in costante competizione con i figli, che umilia la moglie confessandole un tradimento e dimostrando di non essere per nulla pentito. Denzel Washington è bravissimo e parla parla parla, tutto il film è molto parlato e si vede la provenienza teatrale. Mi è piaciuto molto l’atteggiamento del figlio minore e l’abbraccio con la sorellastra, le nuove generazioni sono pronte a spiccare il volo pronti a conquistarsi quei diritti che sono di ogni uomo e donna.
Netturbino nella Pittsburgh degli anni ’50, Troy Maxson combatte ogni giorno contro le ingiustizie sociali e i demoni interiori. Spirito indomabile e ciarliero, ha una moglie, un’amante, un amico inseparabile e due figli di cui non approva le vocazioni. Lyons suona il jazz e Troy canta il blues, Cory pratica il football e Troy gioca a baseball. Chiuso nel recinto che sta costruendo per Rose e in quello che ha innalzato nel cuore, Troy è un’onda implacabile che frange i suoi affetti. Inviso al figlio minore, a cui tarpa le ali per proteggerlo dalle discriminazioni razziali, e persuaso dall’amico a prendere una decisione sulla sua (doppia) vita, confessa alla moglie il tradimento e spalanca tra loro un abisso di dolore.