Florence Foster Jenkins

Biopic diviso tra divertimento e commozione (enorme verso il finale) questo Florence Foster Jenkins diretto dal veterano Stephen Frears trova nella perfezione del trio protagonista il suo punto di forza. Un’intensa  e ingenua Meryl Streep, un meraviglioso e istrionico Hugh Grant e poi la grande sorpresa Simon Helberg il migliore del trio (il mio amato Howard Wolowitz di The big bang theory), attori impareggiabili e antitesi di una donna investita totalmente dal suo desiderio, priva del loro dono ma la cui autenticità ne definiva tutto lo charme.
Gran film, credo avrà ottime possibilità di essere tra i candidati agli Oscar. Momento memorabile quando Florence va a trovare il suo pianista per portargli la loro unica incisione, si mette a suonare il preludio in E minore di Chopin con una mano (la sinistra ha una malattia ai nervi che l’ha costretta da ragazza ad abbandonare il sogno di diventare pianista) ma non riuscendo a proseguire Cosmé McMoon l’accompagna anch’egli con una sola mano. In quel momento si verifica una sospensione del tempo, un’attimo di meraviglioso grande cinema tra due incredibili attori.

Trama:
Florence Foster Jenkins è una melomane facoltosa che si crede dotata per il canto. Fiaccata da una malattia che cova dietro le perle e nella penombra della sua stanza, Florence decide di perfezionare il suo ‘talento’ con un maestro compiacente. Perché marito ed entourage hanno deciso di tacitare la sua mediocrità. Cantare per Florence non è un capriccio ma una terapia che le permette di vivere pienamente, ricacciando i fantasmi. Ma quello che doveva essere un trastullo colto per apprendere il repertorio classico, diventa il desiderio incontenibile di trovare un palcoscenico. Maestro e consorte si prestano al gioco e l’accompagnano, uno al piano, l’altro in attesa dietro le quinte, sulle tavole celebri della Carnegie Hall. Nella speranza che il concerto non volga in fiasco.