che certi critici dicano quello che vogliono ma a ne questo biopic su Pelé è piaciuto parecchio. Ho trovato ottima la regia dei fratelli Zimbalist e veramente in parte il piccolo e il più cresciuto Pelè. Credo che la storia di quello che è un vero monumento nazionale per il Brasile andasse raccontata perché è una storia di speranza e talento puro. Bello.
È il 1950 e il Brasile intero ha la radio all’orecchio o gli occhi puntati al piccolo schermo: è una questione di orgoglio nazionale. La sconfitta in casa, per mano dell’Uruguay, nell’ultima partita dei Mondiali di Rio, getta il paese in uno stato di prostrazione collettivo e devastante. Attraverso la messa in discussione della pratica della ginga, espressione di un calcio felice e spettacolare, i brasiliani mettono in discussione la loro stessa identità e la loro visione del mondo. Ma non il piccolo Dico, 9 anni, folletto del calcio giocato senza scarpe tra i vicoli di Bauru. Colpito dalla tristezza sul volto del padre, Dico gli promette che un giorno porterà il Brasile alla vittoria, e dodici anni dopo, in Svezia, onorerà quel primo voto e si farà conoscere dal mondo intero col nome di Pelé