I misconosciuti, in italia, Antlers, di cui avevo già segnalato Hospice hanno prodotto l’anno scorso un disco che rasenta la perfezione e che non fatico a chiamare capolavoro assoluto.
Hospice è stato un punto di arrivo e di non ritorno che per Peter Silberman che ha voluto dire vedersi in un certo senso costretto a rivedere le proprie ambizioni da cameretta, trasportandole in un maxi-formato che, volontariamente o meno, ha cambiato il corso evolutivo di un progetto sempre più consapevole dei propri mezzi e della propria meritata posizione privilegiata.
Il disco si apre con Palace, canzone in cui tutto sembra essere al posto giusto: i fatati scintillii iniziali, i fiati commoventi che eseguono proprio quella melodia che ti aspetti, la strofa modellata sapientemente e quel sapore epico che solo un cuore cinico non apprezzerebbe. Dopo Palace, escludendo Parade, ci si avventura però in un percorso ben lontano dall’essere il più semplice che la band potesse seguire: un percorso che rifiuta le melodie di facile assimilazione attraverso ulteriori otto lunghi morbidi passaggi in cui ad emergere, oltre alla solita incredibile voce di Peter, sono le alchimie dei suoi fidi alleati Darby Cicci e Michael Lerner.
Gli Antlers sono un gruppo che per melodie e testi malinconici ricordano molto i Radiohead, una grande colonna sonora dei nostri tempi.