Pubblicata da Fanucci L’esegesi di Philip K. Dick è l’ultimo lavoro di un autore che ha dedicato la vita a mettere in discussione la natura della realtà e la sua percezione, la malleabilità dello spazio e del tempo, il rapporto tra l’umano e il divino.
E’ da anni che si parla di questa edizione italiana, immagino la difficoltà nel tradurre una simile mole di lavoro
Nel 1974 l’autore era già piuttosto famoso, anche se solo in ambito fantascientifico, avendo già pubblicato testi come La svastica sul sole (1962,Premio Hugo), Cronache del dopobomba (1965), Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) e Ubik (1969). L’esperienza mistica fu intensa ma lacerante.
In quell’istante, fissando il luccicante simbolo del pesce e ascoltando le sue parole, ho sperimentato quella che come poi ho saputo chiamarsi anamnesi, una parola greca che letteralmente significa “perdita della dimenticanza”. Ho ricordato chi ero e dov’ero. In un istante, un battito di ciglia, mi è tornato tutto alla mente. E non potevo solo ricordarlo, potevo vederlo. La ragazza era stata una segreta cristiana, e anche io lo ero. Avevamo vissuto prigionieri dei Romani. Dovevamo comunicare con segni segreti. Lei mi aveva appena detto queste cose, ed era tutto vero.
Non si può non ricordare che l’autore giunse a questo punto della vita con alle spalle divorzi, abuso di droghe, momenti di acuta depressione, difficoltà economiche, tanto che forse non è fuori luogo la parola esaurimento nervoso. Comunque sia andata, le vicende di quegli anni imprimono un accento decisamente mistico alla fase successiva, l’ultima, della produzione dickiana, quella che darà vita a uno dei suoi maggiori capolavori, Valis (1981, il titolo del romanzo è acronimo di Vast Active Living Intelligence System), che compone una trilogia insieme a Divina invasione (1981) e La trasmigrazione di Timothy Archer (1982), sebbene anche il postumo Radio Libera Albemuth (1985) potrebbe rientrarvi a pieno titolo (da una sua costola nacque lo stesso Valis).
Da quel momento lo scrittore produce più di ottomila pagine di appunti, scritte sia a macchina che a mano. Lo scopo è quello di documentare il suo tentativo di comprendere quello che lui chiama “2-3-74”, un’esperienza visionaria dell’intero universo “trasformato in dati”. Tra confessioni intime, sapere esoterico, resoconti onirici e fughe romanzesche, Dick descrive il suo cammino verso il centro di un mistero cosmico che mette alla prova la sua forza d’immaginazione e la sua creatività fino al limite estremo.