Ultimamente Hospice degli Abtlers fa capolino nel mio lettore in maniera ossessiva e ripetuta… devo forse preoccuparmi?
Quello scritto da Silverman, frutto di enormi sofferenze e patimenti, è uno dei dischi che definiscono il primo decennio dei Duemila, in parallelo con For Emma, Forever Ago, l’altra opera che ha portato all’estremo l’idea dell’artista che cura i suoi mali esistenziali in totale isolamento, riversandoli senza filtro nella sua musica. Hospice è erede diretto di Amnesic dei Radiohead, un disco affascinante, soffocato in un’innegabile tristezza ma capace di librarsi musicalmente in aperture bellissime, alla Sigur Ros per intenderci.
“[“Hospice”] racconta la storia di una relazione psicologicamente violenta, parte della quale ha luogo nel reparto di oncologia infantile. Il disco si muove dentro e fuori dall’ospedale, cosa veritiera rispetto alla relazione stessa. Fino a un certo punto è autobiografico, ma immagino che il miglior modo di descriverlo è che ci sono vari modi di perdere qualcuno. Non sempre avviene attraverso la morte, anche se ci assomiglia molto”.