Prosegue il mio approfondimento sui film premiati a Cannes l’anno scorso, dopo il vincitore della Palma d’oro Il regno d’inverno e Il sale della terra (menzione speciale Un Certain regate) oggi ho visto Le meraviglie film vincitore del Grand Prix.
“Il mondo sta per finire”, sostiene con voce quasi spiritata Wolfgang, il padre protagonista de Le meraviglie, che guarda attorno a sé le paillette della tivvù che iniziano a contaminare anche la vita agreste che aveva ritagliato per sé e per la propria famiglia. Ma come puoi spiegarlo a un’adolescente in fiore, alle prese coi primi turbamenti amorosi e le prime ambizioni? Come puoi trattenerla alla tua quotidianità di sudore nei campi e giornate a smielare i favi, anche se tutto quello che hai e fai tu l’hai fatto per lei?
È un sinuoso e strattonato rapporto padre-figlia, quello che Alice Rohrwacher disegna con delicatezza nel suo nuovo film. Ed è anche una storia di passaggio all’età adulta. Si chiama Gelsomina la giovane protagonista, sognatrice che ha il volto della brava Maria Alexandra Lungu, genuinità pura. Il padre è Sam Louwyck, ballerino, coreografo e attore fiammingo.
In un angolo di campagna del Centritalia, probabilmente nel viterberse, tra Lazio e Umbria, probabilmente nei primi anni ’90 (visto che la hit preferita di Gelsomina è T’appartengo di Ambra Angiolini), vive questa famiglia sui generis che parla con marcato accento locale ma a volte anche in tedesco e in francese. Si aggrappa con ostinazione a uno stile di vita semplice e legato alla terra, che forse già non c’è più, ed è composta anche dalla madre Angelica (Alba Rohrwacher), dall’ospite Cocò (Sabine Timoteo) e da altre tre figlie: Marinella (Agnese Graziani), Caterina e Luna.
Indeciso nella prima parte sulla strada da percorrere, Le meraviglie è intuito e afferrato dagli sguardi di Alexandra Lungu e Sam Louwyck, figlia e padre riconciliati in un campo e controcampo che rinnamora e annulla la distanza. Ramingo sulla natura e sugli ambienti, il film aderisce progressivamente al personaggio centrale, Gelsomina, ormai aliena alla sua ‘comunità’ e pronta a salpare per l’isola che c’è e ha il volto di Martin e di una nuova età. Wolfgang, preferendo finalmente farsi amare che temere, la ‘reintegra’ in seno alla famiglia, ammirando la giovane donna che è diventata dentro una notte chiara. Per loro è il tempo della comprensione, è il conseguimento della complementarietà: Gelsomina è uguale a suo padre, Gelsomina è diversa da suo padre. È un corpo che spinge alla vita ma spinge a suo modo. A papà non resta che guardarne la bellezza, accettando la legge irreversibile delle stagioni.