Ira domine di Franco Forte, Mondadori
In questi giorni per risolvere qualche problema di salute sono stato in ospedale quattro giorni e ne ho approfittato per finire Il segno dell’untore e Ira domine di Franco Forte. Devo dire che il personaggio di Niccolò Taverna e Isabella Landolfi sono costruiti molto bene, così come l’ambiente storico e i misteri da risolvere.
Il notaio criminale Niccolò Taverna è tornato. E con lui tornano i delitti e i misteri nella splendida cornice della Milano cinquecentesca. 1576, agosto, il caldo infuria ma Niccolò Taverna non può riposare e godersi la compagnia di Isabella Landolfi, bellissima, intelligente, indipendente. Anche questa volta deve fronteggiare due casi allo stesso tempo. Come se non bastasse la peste, infatti, un misterioso assassino armato di balestra va in giro a ridurre ulteriormente la popolazione di Milano. Le vittime sembrano scelte a caso, senza una logica, senza un movente. E arriva la notizia che dei banditi hanno sequestrato i figli di don Carlos de Alcante, ricchissimo nobile spagnolo, in rapporti con il governatore Guzman e la Corona. Rapitori e ostaggi sono asserragliati in un magazzino di pietre e sabbia sulle rive del Naviglio Grande, obbligando le autorità cittadine a bloccare, dopo quasi due secoli dall’inizio dei lavori, il flusso di materiali necessari alla Fabbrica del Duomo per la costruzione della cattedrale, fortemente voluta dall’arcivescovo Carlo Borromeo in persona. Il capo dei banditi, Lasser de Bourgignac, fa delle richieste assurde, è spietato, crudele e molto sicuro di sé. Anche troppo. E se ci fosse qualcosa di più di quanto appare? Con un ritmo di scrittura incalzante Franco Forte dà nuovamente vita al mondo di Niccolò Taverna e alle sue tecniche di investigazione all’avanguardia, sullo sfondo del grande scenario di una Milano oppressa dalla peste.