Un film geniale, un solo protagonista, enorme è la performance di Tom Hardy, messo alla prova nei panni di un uomo medio (lui che è stato Bane in The Dark Knight Rises e sarà il nuovo Mad Max) nell’attimo della sua esistenza che fa la differenza. Nel modo in cui Hardy increspa le onde del testo, suscitando tanto l’ironica commedia quanto l’umana tragedia, con poche battute e il proprio volto come unici strumenti, si conferma attore d’eccezione nel raccontare la demolizione totale della vita di un uomo in una sola notte.
Una manciata di settimane di distanza tra la consegna della sceneggiatura e l’inizio della preparazione, e un girato di sole otto notti, per un film che non porta con sé alcuna traccia di rinuncia o compromesso e parla nel momento giusto del tema del giusto, dell’assunzione di responsabilità, per scomoda e punitiva che sia.
Iva Locke guida nella notte verso Londra. È un costruttore di edifici, ma questa notte si consuma la demolizione della sua vita. All’alba avrebbe dovuto presiedere alla più ingente colata di cemento di cui si sia mai dovuto occupare. Gli americani e i suoi capi hanno incaricato lui, perché per nove anni è stato un lavoratore impeccabile, il migliore: solido come il cemento, appunto. Ma la telefonata di una donna di nome Bethan riscrive l’esistenza di Locke. Prima di quella telefonata, e del viaggio che ha deciso di intraprendere di conseguenza, aveva un lavoro, una moglie, una casa. Ora, nulla sarà più come prima.
L’attesa opera seconda di Steven Knight (Redemption, la sceneggiatura de La promessa dell’assassino) è esplosiva e a dir poco geniale. Sceneggiatore talentuoso, per Frears e Cronenberg, con Locke eccelle nell’esercizio di scrittura, ideando un percorso di quasi novanta minuti nel quale il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono (tempo reale) e non c’è altro luogo al di fuori dell’abitacolo della Bmw in movimento e nessun altro personaggio oltre a quello del titolo, impegnato in un dialogo telefonico pressoché ininterrotto con gli altri nomi del copione: Bethan, dall’ospedale di Londra, la moglie Katrina e i due figli da casa, Garreth, il capo furioso, e Donal, l’operaio polacco al quale Ivan Locke ha affidato la delicata gestione di ogni preparativo in sua assenza.
A mio parere Locke è un film da mostrare nelle scuole di cinema, come fare un film con tante idee e pochissimi mezzi, un grande attore, una macchina tre telecamere. Consigliatissimo.