Bellissimo questo film visto ieri sera, atmosfere raffinate e un grandissimo Viggo Mortensen, un thriller ambientato nel 1962 in Grecia.
Patricia Highsmith, giallista formidabile e anticonformista, ha legato indissolubilmente il suo nome al cinema con una serie di pellicole notevoli a partire da L’altro uomo di Hitchcock per arrivare alle diverse versioni cinematografiche dei romanzi del suo ciclo di Tom Ripley, tra le quali resta insuperato L’amico americano di Wim Wenders.
Hossein Amini – esordiente alla regia, ma sceneggiatore dal solido curriculum (al suo attivo si può almeno ricordare l’interessante Le ali dell’amore da Henry James) – affronta l’opera della Highsmith (un romanzo minore, ma ricco delle tematiche tipiche della scrittrice) con rispetto e partecipazione, mostrandoci sia l’accidentalità del delitto sia soprattutto come, ben lungi dal provocare pentimento e rimorso, l’omicidio generi soprattutto, anche in chi non è abituato a praticarlo, il desiderio di farcela al di là di ogni eventuale problema morale.
I due personaggi principali rappresentano diverse gradazioni della figura dell’imbroglione: Rydal è un dilettante allo sbaraglio, mentre Chester, spregiudicato giocoliere della finanza, è un professionista dell’inganno. Il legame quasi paterno che sembra unire Rydal a Chester rende ancora più complesso il loro rapporto che poco alla volta, come spesso avviene nei romanzi della Highsmith, diventa sempre più centrale nella storia, mettendo in secondo piano il “triangolo”, nel quale la donna è più una posta in gioco che un vero componente caratterizzante.
Amini descrive il gioco psicologico con attenzione alle sfumature sviluppando una tensione strisciante e abbastanza sostenuta. Lo aiuta un ottimo cast, capace di reggere le complessità caratteriali: Viggo Mortensen riesce a essere al tempo stesso minaccioso e debole, Kirsten Dunst – sensuale e frustrata – ottiene il massimo dal suo ruolo, mentre Oscar Isaac deve impiegare un arco recitativo più ridotto, ma lo fa con convinzione.
Il senso opprimente di un destino segnato richiama le atmosfere del noir, contraddette abilmente dalla luminosità dell’ambientazione greca, pittoresca e affascinante, sempre sull’orlo del turistico-vacanziero, ma sempre capace di restare saldamente al di qua del precipizio oleografico. La datazione rétro e la narrazione ragionata e attenta ai dettagli evocano un cinema d’altri tempi, con il gusto un po’ antico di qualcosa di già visto, ma di solido, raffinato e intelligente intrattenimento.