Ralph Fiennes, Tony Revolori, Bill Murray, Edward Norton, F. Murray Abraham, Harvey Keitel, Jude Law, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, Willem Dafoe, Owen Wilson, Adrien Brody, Bob Balaban e Jeff Goldblum: questo piccolo elenco giusto per darvi un’idea dell’alto tasso di talento recitativo di cui dispone Wes Anderson nei suoi film. Gli attori ormai fanno a gara per recitare a paga sindacale con quello che è considerato uno dei più geniali, surreali ed eccentrici registi dei nostri tempi.
Già regista de I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il treno per il Darjeeling e Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore prima di occuparsi di Grand Budapest Hotel è necessaria una premessa letteraria. Il film è dedicato a Stefan Zweig, scrittore austriaco tra i più universalmente noti tra gli anni Venti e Trenta. Pacifista si vide bruciare nel 1933 ciò che aveva scritto dai nazisti. È alle sue opere che il regista ha dichiarato di ispirarsi per questo ennesimo viaggio in un mondo tanto immaginario quanto affollato di riferimenti alla realtà.
Il film è come per tutti gli altri film di Wes Anderson pieno di “magia” e stupore, il formato del film ambia tre volte e finisce con lo stabilizzarsi sulla cosiddetta “academy ratio” omaggio alle opere a Lubitsch e a Wilder.
Immancabili Bill Murray ed Owen Williams a cui si aggiungono Ralph Fiennes e Murray Abraham e l’esordiente Tony Revolori favoloso coprotagonista, l’immigrato nel mirino di tutti i razzismi, un viso coacervo di etnie (figlio di guatemaltechi sembra talvolta arabo e talvolta ebreo). Come sempre geniale.