Il cammino per Santiago non è solo un film, ma un evento più unico che raro, dove temi come la morte, la fede e il senso ultimo delle cose vengono affrontati con uno sguardo asciutto e commovente, che arriva dritto al cuore. Grandissima l’interpretazione di Martin Sheen, mai stato così in forma come in questa pellicola alla veneranda età di 72 anni, qui al fianco di suo figlio Emilio Estevez (attore e regista).
Tom è un medico americano di successo, che passa la sua terza età tra lo studio dove lavora e il campo da golf, dove si distrae con i colleghi. Qui un giorno viene raggiunto dalla notizia che suo figlio Daniel, quarantenne, è rimasto ucciso da un temporale sui Pirenei. Giunto in Europa per recuperare le spoglie del figlio, Tom scopre che Daniel aveva intrapreso il Cammino di Santiago de Compostela, un sentiero di 800 chilometri tra Francia e Spagna che i pellegrini percorrono a piedi, tappa dopo tappa, mossi da motivazioni personali anche molto diverse fra loro. Con la scatola delle ceneri nello zaino, Tom decide di camminare al posto di Daniel e di portare a termine il suo viaggio. Lungo la via, l’incontro con tre inattesi compagni di strada lo strapperà alla solitudine e lo costringerà all’esperienza, perché “la vita non si sceglie, si vive”.
Come l’antico cammino per il protagonista, il film non fa miracoli e non nasconde le sue debolezze, ma è una visione che merita e commuove, anche grazie alla compagnia di un inglese di nome James Nesbitt, della canadese Deborah Kara Unger e di un pittoresco olandese (Yorik Van Wageningen).
Legato intimamente a questa terra e a questa strada è il gruppo Galiziano Luar na Lubre (Luar significa chiaro di luna, mentre Lubre è una sorta di foresta magica nella cultura e mitologia celtica) famoso per le sue atmosfere arcaiche come la famosa Chove en Santiago.