Lepanto, la battaglia dei tre imperi, di Alessandro Barbero, Laterza.
Nel post precedente ho scritto de Il turco a Vienna. Storia del grande assedio del 1683, di Franco Cardini sempre edizioni Laterza, un tomo di 778 pagine, il libri definitivo sulla battaglia di Vienna. Anche questo libro di Alessandro Barbero, 768 pagine, può essere definito il libro più completo per quello che riguarda la battaglia di Lepanto. Quella che segue è la recensione che ne scrisse Franco Cardini, nel 2011.
Pochi episodi della storia hanno fatto colare più inchiostro e hanno riempito più volumi dello scontro che il 7 ottobre del 1571 vide misurarsi, nelle acque del golfo di Patrasso, le galee delle flotte pontificia, veneziana e spagnola impegnate nello scontro con l’armata di mare ottomana. Uno scontro ciclopico, una schiacciante vittoria cristiana, una catastrofe per il Turco; al tempo stesso, una battaglia vinta all’interno di una guerra perduta, quella per il possesso dell’isola di Cipro combattuta tra 1570 e 1572. Su quell’episodio militare, i suoi precedenti, il suo contesto socio-politico e religioso, le sue conseguenze prossime e remote, sono stati scritti moltissimi libri;: taluni ottimi e, come si usa dire, ‘esaurienti’ (un aggettivo che, nella ricerca storica, è comunque sempre inappropriato).
C’era posto per un altro? Se ne sentiva il bisogno?
Per scrivere di Lepanto, date queste premesse, bisogna essere non soltanto uno storico ben certo di sapere il fatto suo, ma anche coraggioso e versatile, capace di ‘catturare’ lettori, insomma scienziato sì, ma anche romanziere e magari elzevirista affermato e consulente radiotelevisivo. Pochissimi studiosi italiani corrispondono a queste caratteristiche. Uno, soprattutto: Alessandro Barbero. Il suo Lepanto. La battaglia dei tre imperi si annunzia originale, anzi rivoluzionario, fin dal titolo: niente ossequio al solito trionfalismo della ‘vittoria dell’Occidente’ (o ‘dell’Europa cristiana’) contro l’Asia, o l’islam; niente equivoco della ‘guerra di religione’ o dello ‘scontro di civiltà’, ma serio e rigoroso richiamo alle forze concretamente in gioco – l’Impero ottomano, la Spagna asburgica, la Repubblica di San Marco – che si contendevano l’egemonia mediterranea.
Lepanto si situa nella prima fase dell’Autunno della crociata, i tre secoli di guerre e di schermaglia diplomatica che accompagnarono i rapporti tra Europa cristiana e Impero ottomano dalla caduta di Costantinopoli del 1453 alla pace di Passarowitz del 1718 che dette avvio alla decadenza del gigante ottomano. La grande battaglia navale, il suo ‘mito’ crebbe in tutta Europa, nello spirito di crociata che seppe suscitare, quindi nell’onda lunga del noto pseudoproblema: «Se non ci fosse stata Lepanto, l’islam sarebbe dilagato per tutta Europa?». L’attento e spregiudicato esame delle fonti permette a Barbero di sgombrare il campo da radicati falsi miti: non è affatto vero ad esempio, che prima di quella battaglia il turco fosse ritenuto invincibile in mare. […]
Barbero non risparmia neppure spiritose e scintillanti considerazioni fondate sul disincanto e la demitizzazione, che toccano perfino la pur eroica – che tale peraltro resta – figura di Marcantonio Bragadin e che faranno sicuramente infuriare qualcuno. Non è certo un libro ‘definitivo’: libri del genere, non ne esistono. Semplicemente, un libro che ci voleva.