Sono reduce dalla visione di un film bellissimo, inusuale e sicuramente strano, divertente e commuovente, il titolo è Vero come la finzione in inglese rende meglio Stranger than fiction. Il titolo originale è una citazione di Mark Twain: “La verità è più strana della finzione… perché la finzione deve attenersi a una serie di possibilità mentre la verità no”.
Realtà e finzione sono frequentemente oggetto delle sceneggiature cinematografiche, in questo caso questi due mondi corrono in parallelo percorrendo una linea dolcemente surreale, semplice nelle situazioni, e con una dose di ironia espressa con garbo da Will Ferrell, un Harold dall’occhio fisso e perplesso, da Emma Thompson, affascinante nel suo ruolo letterario, da una Maggie Gyllenhaall donna angelicata, e da un grande Dustin Hoffman che finalmente si diverte e al quale sono affidate le battute più riuscite. Marc Forster trasporta lo spettatore dal sogno stile Neverland a un limbo sospeso, leggero, che si allontana da Peter Pan e si avvicina alla dura esistenza che conduce indissolubilmente verso una fine nota.
La magia è nell’attimo, scandito da un orologio, emblema della precisione degli ingranaggi, dichiarazione dell’unicità delle emozioni quotidiane di ognuno di noi. Un cast straordinario per una bella favola moderna.
Trama
Harold Crick è un uomo che vive la propria esistenza attraverso i numeri. Conta le volte che muove lo spazzolino tra i denti, i passi che compie per arrivare alla fermata dell’autobus, esegue a mente calcoli impossibili. Una mattina, appena svegliato e pronto a svolgere il proprio lavoro di esattore delle tasse, sente una voce femminile. La voce descrive i movimenti di Harold e ogni azione che compie. Contemporaneamente, una famosa romanziera in preda a un blocco creativo, sta proprio scrivendo la storia di quell’uomo qualunque.