Nel 1849 Edgar Allan Poe vive a Baltimora in pessime condizioni economiche, elemosinando bevute nelle locande e qualche angolo nei giornali locali per pubblicare le sue poesie. Unica luce della sua esistenza è Emily, la giovane e ricca figlia di un militare in pensione, che lo scrittore è intenzionato a sposare contro il fermo volere del padre. Una notte, la polizia ritrova il cadavere di due donne, una madre e una figlia, in un appartamento chiuso dall’interno senza possibili vie di fuga. L’ispettore Emmett Fields riconosce nella scena dell’omicidio gli stessi dettagli narrati da Poe nel racconto I delitti della Rue Morgue e decide di coinvolgerlo nelle indagini. Lo scrittore diviene così suo malgrado l’unica persona in grado di interpretare gli indizi lasciati sul luogo dall’estimatore assassino.
Prima ancora di instillarsi come un potente veleno in tutti i thriller e gli horror della storia del cinema, Edgar Allan Poe ha dato vita al romanzo giallo così come ancora oggi lo conosciamo, prima ancora dello Sherlock Holmes di Conan Doyle (il film invece è debitore dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie). Dando un’interpretazione macabra e fantasiosa a quegli ultimi giorni avvolti nel mistero che ne hanno preceduto la morte, The Raven utilizza un espediente metaletterario non dissimile da quello messo in gioco da Shakespeare in Love: trasformare uno scrittore in un personaggio delle sue opere.
Più che essere un raffinato esercizio stilistico di cultura letteraria, The Raven è un “serial thriller” che gioca con la fantasia di Poe unicamente come pretesto per realizzare una catena di sanguinosi delitti e costruirci attorno un racconto del mistero. Ottima la scelta di John Cusack, nei panni di Edgar Alan Poe, che è uno dei miei attori americani preferiti dai tempi di Serendipity e 1408.
La poesia Il corvo (testo completo) citata nel film fu pubblicata per la prima volta il 29 gennaio 1845, sul New York Evening Mirror. Famosa per la sua musicalità e l’atmosfera sovrannaturale, racconta della misteriosa visita di un corvo parlante (che dice solo “Mai Più”) a un amante turbato, tracciando la sua discesa nella pazzia.
Mentre, debole e stanco, verso la mezzanotte
scorrea d’antico libro pagine strane e dotte
sonnecchiando, ad un tratto come un picchio ascoltai,
un lieve, un gentil picchio de la mia stanza all’uscio.
– E` qualcuno che picchia de la mia stanza all’uscio,
e non altro, – pensai.