Attraverso il full trailer e le prime immagini promozionali distribuite abbiamo adesso la possibilità di divertirci a confrontare il design della Prometheus (l’astronave che condurrà gli esploratori in un avvincente viaggio nel meandri più oscuri dell’universo) con la Venture star (Interstellar Vehicle), la realistica astronave di Avatar.
Avatar (ambientato nell’anno 2154) e Prometheus (fine del 21esimo secolo, 2100 circa per intenderci) sono tecnicamente i più grandi film di fantascienza prodotti negli ultimi anni è percui interessante scoprire come James Cameron, Ridley Scott e i loro rispettivi designer abbiano approcciato l’idea di realizzare un astronave che possa compiere un lunghissimo viaggio interstellare.
La Venture star è tecnicamente la più realistica tra le due, molto simile per via della sua forma allungata e modulare all’astronave di Sunshine (realistico film di Danny Boyle) e che ricorda per certi versi la stazione spaziale europea attualmente in orbita sopra la terra. Lo dimostra il fatto che per scendere sulla superficie di Pandora vengano utilizzati degli Space Shuttle (chiamati Valkyries) identici ai progetti reali realizzati degli ingegneri della NASA e che non sono stati ancora costruiti per via degli altissimi costi di produzione.
Per la Prometheus invece il regista inglese ha optato per un’astronave dal design decisamente molto più fantascientifico facendola atterrare direttamente sul pianeta e infischiandosene dell’attrito atmosferico e della forza gravitazionale.
Certo si tratta di considerazioni futili dal momento che nessuno ha ancora visto il film ma sembra che su questo aspetto Ridley Scott, lo sceneggiatore Damon Lindelof e il loro staff si siano posti in modo differente da James Cameron, che ricordo essere anche lo sceneggiatore di Avatar e persona estremamente attenta a questo genere di “finezze stilistiche”. Aspettiamo altre foto per ulteriori commenti.
Prima di salutarci mi è venuto in mente che la colonna sonora ideale di un viaggio interstellare non può essere che Interstellar Overdrive dei Pink Floyd di Syd Barrett, dall’album The Piper at the Gates of Dawn, che è la cronaca di un viaggio umano nell’universo negli angoli più remoti e bui del cosmo. Le versioni live suonate all’UFO (famoso locale Londinese) erano lunghe oltre venti minuti e quasi del tutto improvvisate, mentre quella sull’album è molto più corta e sintetizzata, in modo da poter reggere ascolti ripetuti. Si viene introdotti in un incredibile viaggio spaziale che si fa sempre più inquietante fino alla conclusione del brano, scandita dal riff iniziale e poi da rumori meccanici. Alla prossima.