La straordinaria invenzione di Hugo cabret, di Brian Selznick, Mondadori
Hugo Cabret è un orfano, che vive segretamente tra le mura della stazione ferroviaria di Montparnasse a Parigi negli anni trenta. Del padre orologiaio conserva un automa rotto che si ostina a voler riparare. Con l’aiuto dell’eccentrica Isabelle scopre che l’automa conserva segreti che riportano a galla vicende del passato che coinvolge anche il padrino della ragazza, Georges Méliès.
Il film è un capolavoro, nella rilettura di Scorsese del cartaceo di Brian Selznick, la magia dell’esperienza cinematografica è esplicitata e ribadita ogni minuto, s’invita lo spettatore ad ammirare lo spettacolo sensazionale, ad emozionarsi di fronte al meraviglioso anche grazie all’interpretazione di un maestoso Ben Kingsley (troviamo apparizioni anche di Jude Law, Johnny Depp e del mito Christopher Lee).
Dell’esperienza su carta colpisce subito l’intreccio, un mirabile equilibrio di immagini e parole: all’incirca metà delle pagine per le une e metà per le altre. I disegni sono in bianco e nero, a carboncino, pastosi, e scorrono come fotogrammi di un film muto, con un singolare incrocio/alternanza dei due codici, scritto e visivo. Perché i disegni non illustrano le parole e queste non spiegano le illustrazioni, ma il racconto si dipana ora con pagine scritte e ora con altre che disegnano il procedere della narrazione.
Il racconto ci riporta proprio alle origini del cinema muto, alla favolosa e poi disgraziata storia di Georges Méliès, l’uomo che alla fine dell’Ottocento creò una nuova magia, quella del cinema fantastico che realizza i sogni del tutto è possibile. E poi venne dimenticato e finì a vendere giocattoli alla stazione di Montparnasse. Questa storia a poco a poco viene riportata alla luce da Hugo, un dodicenne orfano solo e derelitto che vive nei recessi dimenticati della stazione (un po’ come Quasimodo a Nôtre-Dame: vorrà ben dire qualcosa quel nome, non a caso il padre leggeva al bambino i romanzi di Verne e Hugo).
Il libro è una graphic-novel per ragazzi, un thriller, un mystery, un cine-romanzo d’appendice con le sue identità nascoste e rivelate, i misteri della metropoli, i passaggi segreti e i nascondigli. C’è soprattutto il cinema: il sapiente montaggio di inquadrature, campi medi e lunghi, primi piani, primissimi, dettagli, panoramiche, zoomate, flashback e flashforward, dissolvenze, fino a un piano-sequenza di straordinaria intensità emotiva e magistrale costruzione narrativa quando Hugo fugge inseguito dall’Ispettore Ferroviario in claustrofobici corridoi fin nell’atrio della stazione tra la folla.
L’ opera grafica come il magnifico film di Scorsese è un omaggio al cinema e a Georges Méliès (come dicevo un incredibile Ben Kingsley), vera leggenda, illusionista e pioniere della Settima Arte, è l’inventore e il primo poeta del cinema fantastico, a lui si deve l’invenzione del montaggio e degli effetti speciali, l’esposizione multipla, la dissolvenza e il colore (dipinto a mano direttamente sulla pellicola). Il Le voyage dans la lune citato è assieme al Viaggio attraverso l’impossibile uno dei suoi film più famosi, forse il capolavoro. Il film è una parodia basata liberamente sul romanzo di Jules Verne – Dalla Terra alla Luna e su quello di H. G. Wells – I primi uomini sulla Luna.
Una delle scene iniziali del film, la navicella spaziale che si schianta sull’occhio della Luna (che presenta un volto umano), è entrata nell’immaginario collettivo ed è una delle sequenze che hanno fatto la storia del cinema.
AIR – Le voyage dans la lune
Le voyage dans la lune, opera realizzata da Georges Méliès nel 1902 e la cui unica copia a colori fu donata nel 1993 da un anonimo alla Filmoteca de Catalunya a Barcellona. Per completare i lavori occorrono oltre dieci anni e nel 2011 il film restaurato, della durata di 14 minuti, viene presentato presso il Festival del Cinema di Cannes. A firmare la nuova colonna sonora furono gli AIR. Dopo questa esperienza Nicolas Godin e Jean Benoit Dunckel decidono di realizzare un intero disco (31 minuti) ispirato al film, che narra le vicende di un gruppo di astronomi alla conquista della luna, l’incontro con gli indigeni ed il loro sgangherato ritorno sulla terra.
Quello degli AIR è una lavoro molto affascinante che loro descrivono come “senza dubbio un progetto molto più organico rispetto ai nostri lavori passati. Cercavamo un suono fatto a mano, artigianale, un po’ come gli effetti speciali di Méliès. Tutti gli strumenti sono suonati dal vivo, e così come il film anche l’album rappresenta una forma d’arte molto spontanea”.