Contagion di Steven Soderbergh è innanzitutto un film molto realistico, senza fronzoli e per niente patinato. E questo realismo è immediatamente dichiarato dalla prima immagine in video, una Gwyneth Paltrow struccata e devastata dal virus ci dice già quello che vedremo e non vedremo. Matt Damon è il di lei marito, una persona assolutamente normale che si batte per mantenere in vita sua figlia, Kate Winslet è una scrupolosa e sfortunata dottoressa e Jude Law un arrogantissimo blogger soffia sul fuoco delle polemiche, fustigatore mediatico e teorizzatore di complotti.
Contagion non è film d’azione, non vedremo Matt Damon stile “Jason Bourne” difendere con i pugni la propria famiglia, tutti gli attori che coralmente si muovono all’interno del film sono persone normali le cui vite si intrecciano nel tentativo in questo caso di trovare le cause della propagazione di un virus che decimerà il mondo.
La memoria oltre a Traffic, altro film di Soderbergh, corre piuttosto al cinema altmaniano in cui una molteplicità di personaggi (nessuno dei quali viene mai narrativamente abbandonato) contribuisce alla costruzione di un mosaico in cui le ombre prevalgono sulle luci. Il tema sociologicamente impegnativo della reazione nei confronti dell’ignoto sembra appassionare il regista che lo scandaglia sotto le più diverse prospettive che finiscono con il rivelarsi sempre e comunque parziali e incapaci di fornire risposte risolutive.
Il film inizia nel secondo giorno di contagio e il principio della fine verrà reso noto solo in conclusione. Dove si mostrerà che le piaghe che tormentano l’uomo d’oggi non hanno la dimensione epica di quelle bibliche. Possono avere cause molto ma molto più banali.