Complice la festa dell’epifania, con Mojo e Popcorn (dispiace per l’assenza di Faramir) sono riuscito a vedere Tron Legacy, seguito di un film culto per tutti i geek del mondo.
Il Tron del 1982 era un film Disney in tutti i sensi, prodotto divertente per famiglie tutto azione e fantasia. Aveva però anche la caratteristica inusuale di raccontare con rara precisione un mondo che nessuno raccontava, quello caro agli (allora pochi) appassionati di informatica. Sebbene filtrata da molte concessioni che la avvicinavano al fantasy, la storia di Tron metteva in scena piastre madri, sistemi I/O, programmi, codici, sistemi di controllo e via dicendo mantenendo inalterati i loro reali rapporti di forza. I programmi, simili ad umani che credono nei loro creatori come fossero divinità, interagivano con le componenti di un calcolatore seguendo le regole del vero mondo dell’informatica con una precisione tutta geek eguagliata solo dall’altro cult Wargames (nel film Tron Legacy citato nella battuta: “L’unico modo di vincere è non giocare”).
Lo dirò subito, il finale di Tron Legacy, nel quale Kevin e Sam Flynn con Quorra subiscono l’attacco di Clu (alter ego di Kevin) riecheggia l’epicità di Star Wars in quanto Kevin impersona l’Obi–Wan Kenobi della situazione e lascia in bocca un residuo di già visto. La cosa bella è la visione di grandi effetti visivi in 3d che lasciano a bocca aperta per complessità e bravura. Il risultato è un’esperienza immersiva che fonde video stereoscopico e audio con un potere evocativo, straniante e suggestivo anche superiore a quello di Avatar.
Tron: Legacy è un film però in cui si ridefiniscono definitivamente i rapporti che umano e tecnologico intrattengono nelle narrazioni. Là dove la fantascienza solitamente sancisce la vittoria dello spirito sulla materia, cioè dell’umano sul tecnologico, Tron: Legacy si spinge fino a cercare lo spirituale nel digitale, una possibilità di rinascita tra il religioso e il mistico che ha origine nel cuore della tecnologia stessa.
Colmo di riferimenti, citazioni e omaggi all’originale, il film comincia a deviare dal percorso della nostalgia aggiornata per perseguire quella che sembra la sua vera vocazione: creare un universo di immagini e suoni il cui senso e la cui potenza comunicativa vada al di là della storia raccontata.