Sabato scorso, con Laura, ho visto un film francese eccezionale, Des hommes et des Dieux, in italiano tradotto malamente come Uomini di Dio. Non era facile trovare il modo per raccontare la vita e il progressivo avvicinarsi alla morte di questi religiosi facendoli restare degli uomini e non trasformandoli agiograficamente in martiri quali poi sarebbero divenuti. Xavier Beauvois, pur con una certa piattezza per quanto attiene al linguaggio cinematografico, ci è riuscito sul piano della sceneggiatura che ritma lo scorrere del tempo grazie al succedersi delle celebrazioni e delle preghiere e canti comunitari. La tensione e il culmine del film si raggiunge quando i frati la sera prima di essere portati via dai terroristi che li uccideranno, si riuniscono, spezzano il pane e ascoltano “Il canto del cigno” creando un momento di grande emozione il regista spia i volti di questi uomini di pace carichi di tensione, consci del loro destino. A questi si alternano le vicende esterne e interne al luogo sacro con la messa in luce di tutte le convinzioni ma anche di tutte le incertezze e debolezze dei monaci. Il film riesce a far emergere al contempo le singole individualità così come la tenuta complessiva di un gruppo animato da una fede che non si trasforma in esclusione ma che vuole, fino all’ultimo, tradursi in atti di condivisione sia all’interno che all’esterno. In un mondo distratto dal succedersi di eccidi e manipolato da una propaganda che vuole assimilare Islam e terrorismo fondamentalista, ricordare questo sacrificio non significa riaccendere la polemica ma piuttosto il contrario. Uomini e dei possono incontrarsi, conoscersi e rispettarsi a vicenda. Nonostante tutto.
1996. Algeria. Una comunità di monaci benedettini opera in un piccolo monastero in favore della popolazione locale aderendo all’antica regola dell'”Ora et Labora”. Il rispetto reciproco tra loro, che prestano anche assistenza medica, e la popolazione locale di fede musulmana è palpabile. Fino a quando la minaccia del terrorismo fondamentalista comincia a farsi pressante. Christian, l’abate eletto dalla comunità, decide di rifiutare la presenza dell’esercito a difesa del monastero non senza trovare qualche voce discorde tra i confratelli. Una notte un gruppo armato fa irruzione nel convento chiedendo che si vada ad assistere due terroristi feriti. Dinanzi al diniego vengono chieste medicine che vengono rifiutate perché scarse e necessarie per l’assistenza ai più deboli. Il gruppo abbandona il convento ma da quel momento il rischio per i monaci si fa evidente.