Moon

moon_ver2.jpgThe moon. Mi va decisamente di lusso in questo periodo, in contemporanea alla lettura di un piccolo capolavoro della fantascienza come La veritàdi Reed sono rimasto folgorato dalla visione di un piccolo gioiello come Moon (debitore di una serie come Ai confini della realtà), probabilmente hanno mangiato pane e acqua per tutto il tempo della lavorazione per riuscire a realizzare un film simile con il budget di soli 5 milioni di dollari.

Tanto è bastato al regista Duncan Jones, figlio di David Bowie, per fare del suo primo film una vera opera di fantascienza classica.

L’energia sulla Terra non è più un problema, la Lunar ha trovato il modo di generarne in maniera pulita e non dannosa sfruttando il materiale di cui sono composte le rocce presenti sul lato oscuro della Luna. A sorvegliare il lavoro dei macchinari è stata posta una base sul satellite naturale della Terra abitata unicamente da un computer tuttofare dalla voce umana e da un uomo, solo, quasi arrivato al termine dei suoi tre lunghissimi anni di contratto e sempre più vittima degli scherzi che stanchezza e solitudine gli procurano. Sarà un incidente quasi mortale a scardinare il meccanismo di inganni che si cela dietro il suo lavoro mettendolo a contatto inaspettatamente con un altro se stesso.
Lo spazio torna ad essere non tanto un teatro d’azione e guerra ma l’ultimo grande luogo sconosciuto, l’unico nel quale sia ancora possibile immaginare o temere di poter trovare alieni a metà tra organico e inorganico, forze che materializzano i pensieri individuali o addirittura i confini della fisica e l’origine dell’uomo.

GERTY, il computer di bordo tuttofare dalla voce monocorde, non solo ricorda H.A.L. 9000 ma sembra seguirne il solco, almeno fino ad un certo punto, allo stesso modo le geometrie esagonali che compongono la base lunare, l’eccesso di bianco e nero, le tute, i caratteri delle scritte sugli schermi e tutta la tecnologia fatta di videotelefoni e pulsantini illuminati non sono in linea con quello che oggi al cinema immaginiamo per il nostro domani ma con quello che immaginavamo potesse essere il nostro futuro nell’era d’oro della fantascienza. Bellissimo.

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