La ballata del cavallo bianco di G.K. Chesterton, Raffaelli Editore. Dalla libreria di Glorfindel, l’ultima entrata è questo poema del 1911 del grande Chesterton, “la ballata del cavallo bianco”, una meditazione poetica su un fatto realmente accaduto e una visione profetica del nostro presente. È l’anno 878. Il re Alfredo il Grande d’Inghilterra aveva appena sconfitto l’invasore, il re di Danimarca Guthrum e liberato il suo Paese. Dunque è un momento di tranquillità e di serenità. Senonché il re Alfredo, una notte, ebbe la singolare visione di un altro esercito che stava entrando in Inghilterra, molto più pericoloso di quello dei Danesi.
Sì, questo sarà il loro segno:
il segno del fuoco che si spegne,
e l’Uomo, trasformato in uno sciocco,
che non sa chi è il suo signore,
Anche se arriveranno con carta e penna [uno strano esercito, che non ha armi, ma solo carta e penna!]
e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici,
da questo segno li riconoscerete,
dalla rovina e dal buio che portano;
da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone,
da un cieco e remissivo mondo idiota,
troppo cieco per essere disprezzato;
dal terrore e da storie crudeli
di una macchia segnata nelle ossa e nelle stirpe,
dalla vittoria dell’ignavia e della superstizione,
maledette fin dal principio,
dalla presenza di peccatori,
che negano l’esistenza del peccato;
da questa rovina silenziosa,
dalla vita considerata una pozza di fango,
da un cuore spezzato nel seno del mondo,
dal desiderio che si spegne nel mondo;
dall’onta scesa su Dio e sull’uomo;
dalla morte e dalla vita rese un nulla,
riconoscerete gli antichi barbari,
saprete che i barbari sono tornati.