Con Rivelazione/1 (prima parte), Urania colma un vuoto in Italia, quel Revelation space che è considerato il precursore di un nuovo filone letterario denominato New Space Opera. Alastair Reynolds è andato a recuperare il genere space opera, iniettandogli nuova linfa. Forse il successo dipende dal fatto che i suoi testi sono perfetti per una generazione post Star Wars come quella a cui lo stesso Reynolds appartiene. Reynolds, classe 1966, è uno scrittore hard sci-fi specializzato in grandi epopee spaziali. Nel 2004 ha abbandonato il lavoro all’ESA (European Space Agency) per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Ecco spiegato il suo vero e proprio chiodo fisso per lo spazio: sedici anni a lavorare su progetti legati a telescopi evoluti hanno lasciato il segno. Tutti i suoi romanzi hanno come ambientazione l’immensità dello spazio, dove i protagonisti dal carattere forte si muovono cercando di risolvere un enigma. Il ritmo è quello del thriller. Giganteschi tracciati nel cosmo, macchine onnipotenti, alien dalla cultura incomprensibile. Molti sanno rimescolare ingredienti come questi, ma pochissimi autori hanno il coraggio di andare fino in fondo e domandarsi: quale macchinazione sta all’origine dell’universo? La risposta è nel gigantesco “puzzle” cosmico che costituisce l’ardita opera prima di Alastair Reynolds. “Urania” l’ha suddivisa in due volumi, il primo dei quali inizia con una domanda di pura fantarcheologia: che fine hanno fatto gli Amarantini, super evoluti abitanti del pianeta Resurgam, inghiottiti nell’abisso un milione di anni fa? |