La scorsa settimana, complice la visione di Cuori in atlantide, la cui recensione esce in contemporanea con questa, ho rivisto con enorme piacere il nostalgico Stand by me – ricordo di un estate diretto da Bob Reiner e interpretato da quattro ottimi attori tra cui un River Phoenix eccezionale.
Ma che cosa hanno in comune queste due opere e perchè sono in certo senso collegate?
Per prima cosa entrambi i film sono tratti da due racconti dello stesso autore, il geniale Stephen King che trasferisce ad entrambi un senso di nostralgia che è da sempre uno dei suoi marchi di fabbrica ma che in questo caso tocca le corde dell’amicizia nel periodo dell’infanzia, con eventi che segnano un intera esistenza.
Stand by me è tratto dal racconto Il corpo (nella raccolta Stagioni diverse, edita in Italia dalla Sperling & Kupfer) costituito da quattro storie differenti, una per ogni stagione. Oltre che dal racconto in questione, da ben altri due racconti facenti parte di questo lavoro di King sono state tratte altrettanti pellicole cinematografiche, e sicuramente non meno degne di nota: “Le ali della libertà”, dal racconto “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”; “L’allievo”, dal racconto “Un ragazzo sveglio”.
Estate del 1959, nell’Oregon. Quattro ragazzini partono per un’escursione di cinquanta chilometri lungo la ferrovia, affrontando varie avventure e scoprendo il cadavere di un ragazzo scomparso giorni prima, sceneggiato da Raynold Gideon e Bruce A. Evans, nominati per l’Oscar, è considerato uno dei film più belli sull’adolescenza degli anni ’80, nel miracoloso equilibrio della memoria tra sentimento e avventura.
La cittadina dove è ambientata l’azione è la già nota Castle Rock che ritorna in molteplici romanzi e racconti di King, nell’ultima parte del film, quando Chris Chambers (interpretato da River Phoenix) scompare, Reiner ha dichiarato che è dura rivedere quella scena per lui perché non aveva idea di ciò che sarebbe accaduto a River anni dopo.