Immagino che il titolo possa sembrare leggermente macabro, ma questo libro di Robert Silverberg (L’amore al tempo dei morti, Editore:Fazi) è una delle cose più singolari che abbia mai letto. Due bellissimi e struggenti romanzi che raccontano l’amore in un ottica assolutamente nuova e inaspettata. Nel primo la storia di un uomo, di un marito che perde la moglie in relativamente giovane età e la vuole rincontrare, ma non solo, comprendere, e in qualche modo ricominciare qualcosa.
Il secondo racconto (Andarsene) è senz’altro quello che pone più interrogativi, Silverberg ipotizza un futuro dove ci è data la possibilità di raggiungere traguardi impensabili in quanto ad aspettativa di vita: sui 150, 180 anni, e anche di più. Si può quindi scegliere di morire, sul serio, senza dietro-front: un’opportunità altruistica, per lasciare che altri possano nascere e prendere il posto, fisico, occupato da noi.
Strutture straordinariamente efficienti, impeccabilmente corrette nel rispetto dell’etica individuale, ti dirigono verso luoghi di “partenza”, senza fare fretta, con la possibilità, in ogni momento di tornare indietro, di proseguire la vita come prima. Luoghi che sono il fiore all’occhiello di una civiltà che non conosce guerre o violenze, dove la persona è considerata il centro di un suo mondo di tutto rispetto. E l’individuo può, a spese dello Stato, viaggiare, realizzare ogni tipo di desiderio, leggere tutte le opere che non ha mai potuto leggere, studiare le lingue, seguire corsi di archeologia, cucina, pittura, musica, trovare stimoli tali da soddisfare. Eppure da questi luoghi di partenza ben pochi tornano indietro.
C’è che ci rimane pochi giorni, chi settimane, chi mesi e chi anni.
Il nostro protagonista sarà un “lungodegente”, uno dei più convinti sostenitori della propria fine programmata in uno stato di età avanzatissima ma in perfetto equilibrio psico-fisico. Una persona che mano a mano che il tempo procede in quei luoghi si accorge che allo stupore e alla dissuasione iniziale di figli, nipoti, pronipoti, ecc. si affianca una semi-apatia emozionale, un desiderio che tutto finisca, la sensazione che tutti si aspettino che lui mantenga ciò che ha dichiarato di voler fare, cioè morire effettivamente.
L’amore al tempo dei morti, l’amore oltre la morte, il desiderio e la paura di vivere in eterno, l’incubo della sovrappopolazione mondiale e l’etica del suicidio sono alcuni dei temi toccati da questi due sorprendenti romanzi brevi di Robert Silverberg, uno dei più visionari e profetici scrittori contemporanei. La prima storia ipotizza un mondo in cui chiunque lo desideri può chiedere di essere “rianimato” dopo la morte. Il protagonista Jorge, ossessionato dalla prematura scomparsa della moglie, non riesce a smettere di pensare che da qualche parte il corpo di lei sta camminando, respirando, mangiando. Anche se le regole sociali vietano i contatti tra i morti e i vivi, la desidera ancora furiosamente e si lancia in una ricerca grottesca e disperata che lo porterà da un emisfero all’altro e forse oltre la vita stessa.
Andarsene, ambientato nel 2095, racconta invece la vicenda di Henry Staunt, un uomo di 135 anni che ha deciso di mettere fine alla propria vita e si reca in un’apposita Residenza di Commiato, pagata dai contribuenti per assistere chi, come Henry, vuole fare largo alle nuove generazioni. L’amore al tempo dei morti coglie con lucidità i profondi cambiamenti delle categorie di vita e di morte, anticipando brillantemente le evoluzioni della bioetica: un libro già classico eppure così attuale. Lo disse per primo Isaac Asimov più di trent’anni fa: “Silverberg va oggi dove andrà la fantascienza domani”.