La fine dell’eternità di Isaac Asimov, Editore: Mondadori, 1996. Questo è il primo romanzo di Asimov che leggo, in precedenza avevo letto un paio di libri divulgativi scritti da lui e comunque mi erano piaciuti. Il romanzo in questione è stratosferico, viene affrontato l’argomento dei viaggi nel tempo in modo molto affascinante e originale, e pensare che è stato scritto nel 1955. Per molti è il migliore scritto da Asimov, bello, intrigante e pure inquietante.
Trama: Il protagonista, Andrew Harlan, è un tecnico con una mansione un po’ particolare: il suo compito è di manipolare il tempo. Harlan fa parte della casta degli Eterni, uomini che dal 27° secolo in poi hanno deciso di eliminare dalla realtà tutte le sue imperfezioni modificando la Storia. Ufficialmente conosciuta come organizzazione benevola dagli scopi umanitari, quella degli Eterni è una casta che ben presto Harlan inizierà ad odiare quando scoprirà che una delle milioni di modifiche della realtà che egli dovrà effettuare avrà come conseguenza la sparizione della Storia di Noys Lambent, una giovane donna del tempo normale con cui egli ha intrecciato una relazione. Ben presto però il protagonista scoprirà, suo malgrado, che molti secoli nel futuro risultano non accessibili a nessuno degli Eterni, nascondendo misteri ed intrighi più che mai inquietanti. Harlan giungerà alla scoperta dell’elemento peculiare che permette l’esistenza stessa dell’Eternità, e che gira intorno alla sua persona. Si ritroverà dunque a decidere le sorti del genere umano, quando scoprirà di poter decidere se cancellare per sempre l’Eternità e ridare alla Storia il suo corso imperfetto ma pur sempre libero.